La guida di Ade

Adelaide
La guida di Ade

Visite turistiche

Almeno una volta nella vita, dovresti provare le emozioni, le sensazioni e la soddisfazione di trovarti sulla sommità del Vulcano attivo più grande d'europa l' Etna. Dal Piazzale del Rifugio Sapienza si può utilizzare la Funivia dell' Etna per arrivare a quota 2500 m s.l.m.
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Bundok ng Etna
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Almeno una volta nella vita, dovresti provare le emozioni, le sensazioni e la soddisfazione di trovarti sulla sommità del Vulcano attivo più grande d'europa l' Etna. Dal Piazzale del Rifugio Sapienza si può utilizzare la Funivia dell' Etna per arrivare a quota 2500 m s.l.m.
Taormina è una delle località turistiche più famose dell'isola, raggiungibile in 40 minuti dal mio alloggio, potete ammirare il famoso teatro greco-romano e passeggiare lungo le strade medievali del centro, mangiar in ristoranti eccellenti o prendere un'aperitivo, salire a Castelmola e ammirare viste mozzafiato o scendere a Isola Bella. Sono sicura che sarà una delle cose più belle che avrete mai visto nella vostra vita.
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Taormina Shop
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Taormina è una delle località turistiche più famose dell'isola, raggiungibile in 40 minuti dal mio alloggio, potete ammirare il famoso teatro greco-romano e passeggiare lungo le strade medievali del centro, mangiar in ristoranti eccellenti o prendere un'aperitivo, salire a Castelmola e ammirare viste mozzafiato o scendere a Isola Bella. Sono sicura che sarà una delle cose più belle che avrete mai visto nella vostra vita.
Storia Nel 1870 fu affidato all'architetto Andrea Scala il compito di trovare un sito idoneo per costruire un nuovo Politeama, dopo aver esaminato le varie opzioni si decise per l'area di Piazza Cutelli. Nonostante le incertezze finanziarie venne approvato il progetto dello Scala che con l'assistenza dell'architetto milanese Carlo Sada portava avanti i lavori, finanziati dal gruppo di azionisti della Società Anonima del Politeama. Nel 1880 la società finì presto in liquidazione e fu sostituita dal Comune che decise di modificare la struttura a teatro Lirico imponendo variazioni al progetto, in sette anni i lavori furono terminati. Mancando i fondi per affidarlo ad un impresario si dovette aspettare il 31 maggio 1890 per l'inaugurazione con l'opera Norma del compositore catanese Vincenzo Bellini. La facciata del teatro in stile neobarocco si ispira al classico sansoviniano della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Il resto dell'immobile, però, se ne distacca nello sviluppo laterale, assumendo la forma di teatro. La sala a quattro ordini di palchi oltre il loggione, è di grande ricchezza decorativa ed è una delle più belle tra quelle costruite nell'Ottocento in Italia. Il soffitto è affrescato dal pittore Ernesto Bellandi con l'apoteosi di Bellini con le allegorie delle sue maggiori opere: Norma, La sonnambula, I puritani e Il pirata. Il sipario storico, illustrante la Vittoria dei catanesi sui libici, è del pittore catanese Giuseppe Sciuti. Nel ridotto, molto ampio ed elegante tutto marmi e stucchi, notevole è la statua in bronzo di Vincenzo Bellini, opera di Salvo Giordano. Degne di nota: nel 1931, la messa in scena di L'amico Fritz di Mascagni con Ines Alfani-Tellini, nel 1933, una edizione de La traviata con Mercedes Capsir e Lina Pagliughi, nel 1934 la Carmen con Gianna Pederzini e nel 1935 di Norma con Gina Cigna. Nel 1941 Don Pasquale di Donizetti con Toti Dal Monte e la pucciniana Bohème con Mario Del Monaco. Successivamente gli eventi bellici imposero la chiusura del Teatro fino al 1944 quando avvenne la ripresa delle rappresentazioni. Nel 1950 faceva la sua apparizione Maria Callas in Norma, opera con la quale tornerà anche nel 1951. Sempre nel 1951 la Callas fu anche applauditissima interprete di un altro dei capolavori belliniani, I puritani. Nel 1952 porterà al “Bellini” La traviata e nel 1953 Lucia di Lammermoor. Nel 1955 il “Bellini” ospitò, per l'inaugurazione della stagione, il neo eletto Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. In scena I puritani. Di quel periodo si ricordano: I dialoghi delle Carmelitane (opera) nel 1959 che lo stesso autore, Poulenc, definì come la migliore messa in scena della sua opera; Giovanna d'Arco al rogo di Honegger nel 1960 con Vittorio Gassman attore e regista (la rappresentazione fu ripresa dalla RAI e trasmessa in TV); Il cavaliere della rosa di Richard Strauss nel 1960. Nel 1966 la gestione del “Bellini” veniva presa dal Comune di Catania, che debuttava in questo ruolo con una stagione che vedeva la belliniana Beatrice di Tenda diretta da Vittorio Gui con Raina Kabaivanska. Nel 1970 avviene la prima di Mosè in Egitto diretta da Gianandrea Gavazzeni. Nel 1972 lo stesso Gavazzeni diresse I puritani con la regia di Attilio Colonnello. Nel 1975 viene proposta nella prima edizione del secolo Zaira con la ricostruzione di Rubino Profeta con Renata Scotto e Giorgio Casellato Lamberti. Nel 1970 Anna Bolena di Donizetti con Katia Ricciarelli al suo debutto catanese e Macbeth di Verdi con Olivia Stapp e Kostas Paskalis. Nel 1981 avviene la prima assoluta di Kean di Mario Zafred con Carlo Cava. Nel 1986 il Teatro Massimo Bellini diventa, con legge della Regione Siciliana, Ente Autonomo Regionale. Nel 1997 avviene la prima assoluta di Rinaldo & C. di Azio Corghi con Valentina Valente, Carmela Remigio e Federica Bragaglia. Nel 2002 la Regione siciliana dà il via alla trasformazione dell'Ente autonomo regionale Teatro Massimo Bellini in Fondazione. Nel 2007 l'Assemblea Regionale Siciliana ha riportato con apposita legge il “Bellini” ad Ente Autonomo Regionale. Il “Bellini” dispone di un'orchestra di 105 elementi e di un coro di 84 elementi. Nell'aprile del 2018 l'Orchestra di Fiati Regionale Fe.Ba.Si. si é esibita all'interno del Bellini, evento unico nel suo genere, in quanto, per la prima volta nella sua storia, un gruppo di fiati non professionista ha tenuto un concerto all'interno del Teatro. Il tenore Beniamino Gigli la proclamò la migliore sala di teatro al mondo per l'acustica.
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Teatro Massimo Bellini
12 Via Giuseppe Perrotta
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Storia Nel 1870 fu affidato all'architetto Andrea Scala il compito di trovare un sito idoneo per costruire un nuovo Politeama, dopo aver esaminato le varie opzioni si decise per l'area di Piazza Cutelli. Nonostante le incertezze finanziarie venne approvato il progetto dello Scala che con l'assistenza dell'architetto milanese Carlo Sada portava avanti i lavori, finanziati dal gruppo di azionisti della Società Anonima del Politeama. Nel 1880 la società finì presto in liquidazione e fu sostituita dal Comune che decise di modificare la struttura a teatro Lirico imponendo variazioni al progetto, in sette anni i lavori furono terminati. Mancando i fondi per affidarlo ad un impresario si dovette aspettare il 31 maggio 1890 per l'inaugurazione con l'opera Norma del compositore catanese Vincenzo Bellini. La facciata del teatro in stile neobarocco si ispira al classico sansoviniano della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia. Il resto dell'immobile, però, se ne distacca nello sviluppo laterale, assumendo la forma di teatro. La sala a quattro ordini di palchi oltre il loggione, è di grande ricchezza decorativa ed è una delle più belle tra quelle costruite nell'Ottocento in Italia. Il soffitto è affrescato dal pittore Ernesto Bellandi con l'apoteosi di Bellini con le allegorie delle sue maggiori opere: Norma, La sonnambula, I puritani e Il pirata. Il sipario storico, illustrante la Vittoria dei catanesi sui libici, è del pittore catanese Giuseppe Sciuti. Nel ridotto, molto ampio ed elegante tutto marmi e stucchi, notevole è la statua in bronzo di Vincenzo Bellini, opera di Salvo Giordano. Degne di nota: nel 1931, la messa in scena di L'amico Fritz di Mascagni con Ines Alfani-Tellini, nel 1933, una edizione de La traviata con Mercedes Capsir e Lina Pagliughi, nel 1934 la Carmen con Gianna Pederzini e nel 1935 di Norma con Gina Cigna. Nel 1941 Don Pasquale di Donizetti con Toti Dal Monte e la pucciniana Bohème con Mario Del Monaco. Successivamente gli eventi bellici imposero la chiusura del Teatro fino al 1944 quando avvenne la ripresa delle rappresentazioni. Nel 1950 faceva la sua apparizione Maria Callas in Norma, opera con la quale tornerà anche nel 1951. Sempre nel 1951 la Callas fu anche applauditissima interprete di un altro dei capolavori belliniani, I puritani. Nel 1952 porterà al “Bellini” La traviata e nel 1953 Lucia di Lammermoor. Nel 1955 il “Bellini” ospitò, per l'inaugurazione della stagione, il neo eletto Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. In scena I puritani. Di quel periodo si ricordano: I dialoghi delle Carmelitane (opera) nel 1959 che lo stesso autore, Poulenc, definì come la migliore messa in scena della sua opera; Giovanna d'Arco al rogo di Honegger nel 1960 con Vittorio Gassman attore e regista (la rappresentazione fu ripresa dalla RAI e trasmessa in TV); Il cavaliere della rosa di Richard Strauss nel 1960. Nel 1966 la gestione del “Bellini” veniva presa dal Comune di Catania, che debuttava in questo ruolo con una stagione che vedeva la belliniana Beatrice di Tenda diretta da Vittorio Gui con Raina Kabaivanska. Nel 1970 avviene la prima di Mosè in Egitto diretta da Gianandrea Gavazzeni. Nel 1972 lo stesso Gavazzeni diresse I puritani con la regia di Attilio Colonnello. Nel 1975 viene proposta nella prima edizione del secolo Zaira con la ricostruzione di Rubino Profeta con Renata Scotto e Giorgio Casellato Lamberti. Nel 1970 Anna Bolena di Donizetti con Katia Ricciarelli al suo debutto catanese e Macbeth di Verdi con Olivia Stapp e Kostas Paskalis. Nel 1981 avviene la prima assoluta di Kean di Mario Zafred con Carlo Cava. Nel 1986 il Teatro Massimo Bellini diventa, con legge della Regione Siciliana, Ente Autonomo Regionale. Nel 1997 avviene la prima assoluta di Rinaldo & C. di Azio Corghi con Valentina Valente, Carmela Remigio e Federica Bragaglia. Nel 2002 la Regione siciliana dà il via alla trasformazione dell'Ente autonomo regionale Teatro Massimo Bellini in Fondazione. Nel 2007 l'Assemblea Regionale Siciliana ha riportato con apposita legge il “Bellini” ad Ente Autonomo Regionale. Il “Bellini” dispone di un'orchestra di 105 elementi e di un coro di 84 elementi. Nell'aprile del 2018 l'Orchestra di Fiati Regionale Fe.Ba.Si. si é esibita all'interno del Bellini, evento unico nel suo genere, in quanto, per la prima volta nella sua storia, un gruppo di fiati non professionista ha tenuto un concerto all'interno del Teatro. Il tenore Beniamino Gigli la proclamò la migliore sala di teatro al mondo per l'acustica.
L'area è suddivisa in Hortus Generalis (13.000 m²), caratterizzato dalla presenza di piante esotiche, ed Hortus Siculus (3000 m²), destinato alla coltivazione di specie spontanee siciliane. L’Hortus Generalis, in stile formale o all'italiana, è diviso da viali ortogonali in ventidue settori geometrici delimitati da larghi gradini in pietra calcarea da taglio; la regolarità delle forme è accentuata dalla presenza di tre vasche circolari, utilizzate per la coltivazione delle piante acquatiche. L'edificio monumentale è stato realizzato in stile neoclassico dall'architetto Di Stefano con eleganti colonne ioniche e soffitti a cassettoni. Alle rigorose linee architettoniche fanno da contrappunto due maestose Dracaena draco, comunemente note come albero del drago. Nell’Hortus Generalis si possono inoltre ammirare la ricca collezione di palme e l'affascinante settore delle piante succulente. Il Tepidarium (grande serra) custodisce oggi oltre 160 specie vegetali tra piante ornamentali e di interesse alimentare come quella del caffè e della papaia. La vasca centrale ospita le delicate ninfee. La grande serra, voluta dallo stesso Tornabene, fu realizzata in ferro e cristalli ad imitazione della Serra Carolina dell'orto botanico di Palermo. All'indomani della seconda guerra mondiale venne demolita (1958) a causa dei forti danni subiti durante i bombardamenti. È stata recentemente ricostruita, con la medesima struttura architettonica dell'originaria e inaugurata nel 2008. In prossimità del Tepidario si trovano due piccole serre destinate alla coltivazione delle piante succulente. L’Hortus Siculus, con la sua collezione di piante spontanee dell'isola, rappresenta un'oasi di tutela e conservazione di specie rare e a rischio di estinzione come la Zelkova sicula. In aree diversificate sono stati riprodotti alcuni ambienti tipici mediterranei (ambiente dunale, roccaglie, ambienti umidi, bosco, macchia) che ripropongono in piccola scala il paesaggio siciliano. Fu realizzato nel 1865, grazie al lascito del catanese Mario Coltraro, che espresse la volontà di adibire l'area donata per la coltivazione delle specie della flora spontanea isolana. Da allora non è stata possibile alcuna ulteriore espansione del giardino scientifico a causa del rapido sviluppo della città.
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Orto Botanico dell'Universita di Catania
397 Via Etnea
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L'area è suddivisa in Hortus Generalis (13.000 m²), caratterizzato dalla presenza di piante esotiche, ed Hortus Siculus (3000 m²), destinato alla coltivazione di specie spontanee siciliane. L’Hortus Generalis, in stile formale o all'italiana, è diviso da viali ortogonali in ventidue settori geometrici delimitati da larghi gradini in pietra calcarea da taglio; la regolarità delle forme è accentuata dalla presenza di tre vasche circolari, utilizzate per la coltivazione delle piante acquatiche. L'edificio monumentale è stato realizzato in stile neoclassico dall'architetto Di Stefano con eleganti colonne ioniche e soffitti a cassettoni. Alle rigorose linee architettoniche fanno da contrappunto due maestose Dracaena draco, comunemente note come albero del drago. Nell’Hortus Generalis si possono inoltre ammirare la ricca collezione di palme e l'affascinante settore delle piante succulente. Il Tepidarium (grande serra) custodisce oggi oltre 160 specie vegetali tra piante ornamentali e di interesse alimentare come quella del caffè e della papaia. La vasca centrale ospita le delicate ninfee. La grande serra, voluta dallo stesso Tornabene, fu realizzata in ferro e cristalli ad imitazione della Serra Carolina dell'orto botanico di Palermo. All'indomani della seconda guerra mondiale venne demolita (1958) a causa dei forti danni subiti durante i bombardamenti. È stata recentemente ricostruita, con la medesima struttura architettonica dell'originaria e inaugurata nel 2008. In prossimità del Tepidario si trovano due piccole serre destinate alla coltivazione delle piante succulente. L’Hortus Siculus, con la sua collezione di piante spontanee dell'isola, rappresenta un'oasi di tutela e conservazione di specie rare e a rischio di estinzione come la Zelkova sicula. In aree diversificate sono stati riprodotti alcuni ambienti tipici mediterranei (ambiente dunale, roccaglie, ambienti umidi, bosco, macchia) che ripropongono in piccola scala il paesaggio siciliano. Fu realizzato nel 1865, grazie al lascito del catanese Mario Coltraro, che espresse la volontà di adibire l'area donata per la coltivazione delle specie della flora spontanea isolana. Da allora non è stata possibile alcuna ulteriore espansione del giardino scientifico a causa del rapido sviluppo della città.
In questo luogo, bello da visitare, potete trovare mostre eccellenti a livello mondiale.
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Palazzo Platamone
Via Vittorio Emanuele II
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In questo luogo, bello da visitare, potete trovare mostre eccellenti a livello mondiale.
Al centro di Catania sulla Via Etnea, si trova Il giardino Bellini (o Villa Bellini) è uno dei due giardini più antichi e uno dei quattro parchi principali di Catania. Localmente è spesso indicato semplicemente come "'a Villa".
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Hardin ng Bellini
292 Via Etnea
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Al centro di Catania sulla Via Etnea, si trova Il giardino Bellini (o Villa Bellini) è uno dei due giardini più antichi e uno dei quattro parchi principali di Catania. Localmente è spesso indicato semplicemente come "'a Villa".
La Festa di Sant’Agata è la più importante festa religiosa della città di Catania. È la terza festa religiosa più importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Guzco in Perù, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira. Si celebra in onore della santa patrona della città. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto. La prima data è quella del martirio della Santa catanese (a cui furono asportate le mammelle – e non a caso le cassatine siciliane si chiamano di S.Agata – prima di essere bruciata sui carboni ardenti) mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di guerra e dove rimasero per 86 anni. Dal 3 al 6 febbraio giungono a Catania circa un milione di persone fra devoti alla santa dei miracoli siciliani – nella foto in altro, di Barbara Mileto – invocata spesso per fermare il vicino Etna, oltre che da turisti e curiosi provenienti da tutto il mondo. Insieme con il Patrimonio dell’Umanità delle città tardo barocche della Val di Noto (Sicilia sud orientale) conferito dall’UNESCO nel 2002, la Festa di Sant’Agata risulta come Bene Etno Antropologico Patrimonio dell’Umanità della Città di Catania nel mondo. Si tratta di una grande festa, misto di fede e di folklore. Anche questa festa, come tutte le feste cattoliche, ha origini pagane. Secondo alcune testimonianze ancora prima della nascita di Agata veniva celebrata una festa durante la quale un simulacro di una vergine veniva portato in processione per le vie della città. Un’altra tradizione viene riportata da Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa della dea Iside nella città greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la festa catanese. In particolare il popolo vestito di una tunica bianca che partecipava ai festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica di cotone bianco indossata in processione dai devoti, che tirano i cordoni del fercolo, per trainarlo lungo il percorso. A Catania i devoti, infatti, indossano nei giorni dei festeggiamenti camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. Inoltre il barcone barocco di Sant’Agata, anticipava la festa prima di essere abbandonata a mare. Secondo il Ciaceri anche questa usanza si ritrova nelle festività isidee. Altri elementi caratteristici della festa sono il fercolo d’argento con i resti della Santa posto su un carro o Vara, anche questo in argento. Legati al veicolo due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di “Devoti” (con il Sacco agatino – tunica bianca stretta da un cordone -, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi) che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La Vara viene portata in processione insieme a dodici candelore o cannalori appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti e grida Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti. È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza. Il 2 febbraio, Candelora, vengono benedette le candele. La giornata del 3 febbraio si apre con la Processione per l’offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con il caratteristico e molto atteso spettacolo pirotecnico dei fuochi del 3. La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4 febbraio con la Messa dell’Aurora, quando il busto reliquiario di Sant’Agata dopo un anno di attesa per tutta la città viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito, e “consegnato” ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno della città che si concluderà con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte, spesso alle prime luci dell’alba. Nella mattina del 5 febbraio, presso la Basilica Cattedrale ha luogo la Messa del Pontificale presieduta dalle più alte cariche religiose locali e non e dal Clero. Durante tutta la giornata il busto reliquiario di Sant’Agata rimane esposto presso la Cattedrale e infine nel pomeriggio dopo la Santa Messa viene nuovamente affidato ai devoti per un ultima processione lungo un percorso interno della città che lo vedrà concludersi nella tarda mattinata del giorno successivo 6 febbraio.
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Catania
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La Festa di Sant’Agata è la più importante festa religiosa della città di Catania. È la terza festa religiosa più importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Guzco in Perù, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira. Si celebra in onore della santa patrona della città. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto. La prima data è quella del martirio della Santa catanese (a cui furono asportate le mammelle – e non a caso le cassatine siciliane si chiamano di S.Agata – prima di essere bruciata sui carboni ardenti) mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace quale bottino di guerra e dove rimasero per 86 anni. Dal 3 al 6 febbraio giungono a Catania circa un milione di persone fra devoti alla santa dei miracoli siciliani – nella foto in altro, di Barbara Mileto – invocata spesso per fermare il vicino Etna, oltre che da turisti e curiosi provenienti da tutto il mondo. Insieme con il Patrimonio dell’Umanità delle città tardo barocche della Val di Noto (Sicilia sud orientale) conferito dall’UNESCO nel 2002, la Festa di Sant’Agata risulta come Bene Etno Antropologico Patrimonio dell’Umanità della Città di Catania nel mondo. Si tratta di una grande festa, misto di fede e di folklore. Anche questa festa, come tutte le feste cattoliche, ha origini pagane. Secondo alcune testimonianze ancora prima della nascita di Agata veniva celebrata una festa durante la quale un simulacro di una vergine veniva portato in processione per le vie della città. Un’altra tradizione viene riportata da Apuleio ne Le metamorfosi, secondo la quale la festa della dea Iside nella città greca di Corinto avrebbe molti punti di contatto con la festa catanese. In particolare il popolo vestito di una tunica bianca che partecipava ai festeggiamenti viene accostato al saccu, la tunica di cotone bianco indossata in processione dai devoti, che tirano i cordoni del fercolo, per trainarlo lungo il percorso. A Catania i devoti, infatti, indossano nei giorni dei festeggiamenti camici e guanti bianchi con in testa una papalina nera. Inoltre il barcone barocco di Sant’Agata, anticipava la festa prima di essere abbandonata a mare. Secondo il Ciaceri anche questa usanza si ritrova nelle festività isidee. Altri elementi caratteristici della festa sono il fercolo d’argento con i resti della Santa posto su un carro o Vara, anche questo in argento. Legati al veicolo due cordoni di oltre 100 metri a cui si aggrappano centinaia di “Devoti” (con il Sacco agatino – tunica bianca stretta da un cordone -, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi) che fino al 6 febbraio tirano instancabilmente il carro. La Vara viene portata in processione insieme a dodici candelore o cannalori appartenenti ciascuna alle corporazioni degli artigiani cittadini. Tutto avviene fra ali di folla che agita bianchi fazzoletti e grida Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti. È considerata tra le tre principali feste cattoliche a livello mondiale per affluenza. Il 2 febbraio, Candelora, vengono benedette le candele. La giornata del 3 febbraio si apre con la Processione per l’offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose ed istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con il caratteristico e molto atteso spettacolo pirotecnico dei fuochi del 3. La vera festa religiosa ha però inizio la mattina del 4 febbraio con la Messa dell’Aurora, quando il busto reliquiario di Sant’Agata dopo un anno di attesa per tutta la città viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito, e “consegnato” ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno della città che si concluderà con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte, spesso alle prime luci dell’alba. Nella mattina del 5 febbraio, presso la Basilica Cattedrale ha luogo la Messa del Pontificale presieduta dalle più alte cariche religiose locali e non e dal Clero. Durante tutta la giornata il busto reliquiario di Sant’Agata rimane esposto presso la Cattedrale e infine nel pomeriggio dopo la Santa Messa viene nuovamente affidato ai devoti per un ultima processione lungo un percorso interno della città che lo vedrà concludersi nella tarda mattinata del giorno successivo 6 febbraio.

Le Guide ai Quartieri

La via dei Crociferi a Catania è una monumentale direttrice stradale realizzata nel XVIII secolo. Essa ha inizio in piazza San Francesco d’Assisi e vi si accede passando sotto l'arco di San Benedetto. La strada, contornata da chiese, monasteri e poche abitazioni civili, è un esempio di unità dell'architettura barocca. Nel breve spazio di circa 200 metri sono presenti ben quattro chiese. La prima è la chiesa di San Benedetto collegata al convento delle suore benedettine dall'arco omonimo che sovrappassa la via e collega la Badia grande alla Badia piccola. Ad essa si accede a mezzo di una scalinata ed è contornata da una cancellata in ferro battuto. Proseguendo si incontra la chiesa di San Francesco Borgia alla quale si accede tramite due scaloni. Le due chiese sono separate da una piccola via che conduce al Palazzo Asmundo Francica-Nava, aggettante su piazza Asmundo. A seguire si incontra il collegio dei Gesuiti, vecchia sede dell'Istituto d'Arte, con all'interno un bel chiostro con portici su colonne ed arcate. Di fronte al collegio è ubicata la chiesa di San Giuliano considerata uno degli esempi più belli del barocco catanese. L'edificio, attribuito all'architetto Giovan Battista Vaccarini, ha un prospetto convesso e delle linee pulite ed eleganti. Proseguendo ed oltrepassando la via Antonino di San Giuliano, si può ammirare il convento dei Crociferi e quindi la chiesa di San Camillo. In fondo alla via è ubicata villa Cerami, che è sede della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania.
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Via Crociferi
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La via dei Crociferi a Catania è una monumentale direttrice stradale realizzata nel XVIII secolo. Essa ha inizio in piazza San Francesco d’Assisi e vi si accede passando sotto l'arco di San Benedetto. La strada, contornata da chiese, monasteri e poche abitazioni civili, è un esempio di unità dell'architettura barocca. Nel breve spazio di circa 200 metri sono presenti ben quattro chiese. La prima è la chiesa di San Benedetto collegata al convento delle suore benedettine dall'arco omonimo che sovrappassa la via e collega la Badia grande alla Badia piccola. Ad essa si accede a mezzo di una scalinata ed è contornata da una cancellata in ferro battuto. Proseguendo si incontra la chiesa di San Francesco Borgia alla quale si accede tramite due scaloni. Le due chiese sono separate da una piccola via che conduce al Palazzo Asmundo Francica-Nava, aggettante su piazza Asmundo. A seguire si incontra il collegio dei Gesuiti, vecchia sede dell'Istituto d'Arte, con all'interno un bel chiostro con portici su colonne ed arcate. Di fronte al collegio è ubicata la chiesa di San Giuliano considerata uno degli esempi più belli del barocco catanese. L'edificio, attribuito all'architetto Giovan Battista Vaccarini, ha un prospetto convesso e delle linee pulite ed eleganti. Proseguendo ed oltrepassando la via Antonino di San Giuliano, si può ammirare il convento dei Crociferi e quindi la chiesa di San Camillo. In fondo alla via è ubicata villa Cerami, che è sede della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania.
Piazza del Duomo di Catania è la principale piazza della città. In essa confluiscono tre strade, ovvero la via Etnea, la storica asse cittadina, la via Giuseppe Garibaldi e la via Vittorio Emanuele II che la attraversa da est ad ovest. Sul lato orientale della piazza sorge il Duomo, dedicato alla patrona della città festeggiata il 5 febbraio. Vista della piazza Sul lato nord si trova il palazzo degli Elefanti, ovvero, il Municipio. Dall'altro lato della piazza sono collocate la fontana dell'Amenano, molto famosa per gli abitanti, dentro la quale vengono gettate delle monetine (come nella fontana di Roma) e, accanto, il palazzo dei Chierici che è collegato al Duomo da un passaggio che corre sulla porta Uzeda. Alle terrazze del palazzo del Seminario dei Chierici e di porta Uzeda si può accedere dal Museo diocesano di Catania che ha sede nel palazzo del Seminario dei Chierici attiguo alla Cattedrale. Dalle terrazze si possono ammirare due splendidi panorami: da un lato, lo spettacolo di piazza del Duomo di Catania con la fontana dell'Elefante e via Etnea con il monte Etna sullo sfondo; dall'altro, le mura di Carlo V, il porto di Catania con gli archi della Marina fino al castello Ursino. La porta di Carlo V fa parte dell'unico tratto rimasto delle mura della città. Al centro della piazza si trova quello che è il simbolo di Catania, ovvero "u Liotru", una statua in pietra lavica raffigurante un elefante, sormontata da un obelisco, posta al centro di una fontana in marmo più volte rimaneggiata. Le terme Achilliane sono delle strutture termali sotterranee datate al IV-V secolo e situate circa 4/5 metri sotto piazza del Duomo. Si accede alle terme accedendo al Museo diocesano di Catania: un corridoio con volta a botte ricavato nell'intercapedine tra le strutture romane e le fondamenta della cattedrale (il cui accesso è costituito da una breve gradinata di epoche diverse posta a sinistra della facciata) consente di fare un viaggio nelle viscere della città, dove scorre il fiume Amenano le cui acque risalgono in superficie nella vicina fontana dell'Amenano nella piazza antistante. Il nome dell'impianto è dedotto da un'iscrizione su lastra di marmo lunense ridottasi in sei frammenti principali molto lacunosi, risalente probabilmente alla prima metà del V secolo, oggi esposta all'interno del Museo civico al Castello Ursino. L'epoca di fondazione dell'edificio è ancora discussa, ma si ritiene probabile che esistesse già nel IV secolo: l'esistenza dell'edificio in epoca costantiniana è ipotizzata in base al reimpiego all'interno della cattedrale di un gruppo di capitelli del periodo, che potrebbero provenire da questo edificio. Sepolti dai terremoti del 4 febbraio 1169 e dell'11 gennaio 1693, i resti - già noti in antico - furono dapprima liberati dal principe di Biscari. Nel 1856, durante la realizzazione della galleria che passa sotto al seminario dei chierici (oggi sede della pescheria) si trovarono dei ruderi che pure furono attribuiti allo stesso edificio, pertinenti forse ad un calidarium, in quanto vi erano presenti tracce di un pavimento ad ipocausto. La struttura doveva estendersi fino alla via Garibaldi, dove si trovarono altri avanzi. Secondo la ricostruzione planimetrica ottocentesca del complesso, la parte attualmente visitabile comprendeva probabilmente solo una parte del frigidarium. Dal 1974 al 1994 furono chiuse perché considerate insicure. Furono riaperte dopo un restauro del comune (1997) e nuovamente richiuse per problemi di allagamento. Dopo i lavori di pavimentazione della piazza del Duomo (2004-2006) - nel corso dei quali si è ritenuto doveroso coprire l'estradosso della copertura (che si trova alla stessa quota della piazza) con una poderosa piastra d'acciaio per rinforzare l'impiantito della piazza stessa - l'edificio termale è stato nuovamente riaperto al pubblico[1]. Il tempio è stato più volte distrutto e riedificato dopo i terremoti e le eruzioni vulcaniche che si sono susseguite nel tempo. La prima edificazione risale al periodo 1078-1093 e venne realizzata sulle rovine delle terme Achilliane risalenti ai Romani, su iniziativa del conte Ruggero, acquisendo tutte le caratteristiche di ecclesia munita (cioè fortificata). Già nel 1169, un terremoto catastrofico la demolì quasi completamente, lasciando intatta solo la parte absidale. Nel 1194 un incendio creò notevoli danni ed infine nel 1693 il terremoto che colpì il Val di Noto la distrusse quasi completamente. I resti normanni consistono nel corpo dell'alto transetto, due torrioni mozzi (forse coevi al primitivo impianto) e le tre absidi semicircolari, le quali, visitabili dal cortile dell'Arcivescovado, sono composte da grossi blocchi di pietra lavica, gran parte dei quali è stata recuperata da edifici romani di età imperiale. Porzioni di muro d'ambito e il muro di prospetto sono stati inglobati dalla ricostruzione settecentesca. Il monumento fu costruito nel II secolo, la data precisa è incerta, ma il tipo di architettura fa propendere per l'epoca tra gli imperatori Adriano e Antonino Pio. Fu raggiunto dalla lava del 252-253 ma non distrutto. Nel V secolo Teodorico, re degli Ostrogoti, lo utilizzò quale cava di materiale da costruzione per la edificazione di edifici in muratura e, successivamente nell'XI secolo, anche Ruggero II di Sicilia ne trasse ulteriori strutture e materiali per la costruzione della Cattedrale di Sant'Agata, sulle cui absidi si riconoscono ancora le sue pietre perfettamente tagliate usate, forse, anche nel Castello Ursino in età federiciana. Nel XIII secolo, secondo la tradizione, furono adoperati i suoi vomitoria (gli ingressi) da parte degli Angioini per accedere nella città durante la cosiddetta Guerra dei Vespri. Nel secolo successivo gli ingressi furono murati e il rudere venne inglobato nella rete di fortificazioni Aragonese (1302). Una messa in sicurezza del rudere si ebbe con il piano di costruzione delle mura di città nel 1550; venne abbattuto il primo e il secondo piano e con le sue stesse macerie avvenne il riempimento delle gallerie. Dopo il terremoto del 1693, fu definitivamente sepolto per poi essere trasformato in piazza d'armi. In seguito vennero costruite sopra la copertura nuove case e la Chiesa di San Biagio (detta 'A Carcaredda, cioè la fornace).
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Piazza Duomo
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Piazza del Duomo di Catania è la principale piazza della città. In essa confluiscono tre strade, ovvero la via Etnea, la storica asse cittadina, la via Giuseppe Garibaldi e la via Vittorio Emanuele II che la attraversa da est ad ovest. Sul lato orientale della piazza sorge il Duomo, dedicato alla patrona della città festeggiata il 5 febbraio. Vista della piazza Sul lato nord si trova il palazzo degli Elefanti, ovvero, il Municipio. Dall'altro lato della piazza sono collocate la fontana dell'Amenano, molto famosa per gli abitanti, dentro la quale vengono gettate delle monetine (come nella fontana di Roma) e, accanto, il palazzo dei Chierici che è collegato al Duomo da un passaggio che corre sulla porta Uzeda. Alle terrazze del palazzo del Seminario dei Chierici e di porta Uzeda si può accedere dal Museo diocesano di Catania che ha sede nel palazzo del Seminario dei Chierici attiguo alla Cattedrale. Dalle terrazze si possono ammirare due splendidi panorami: da un lato, lo spettacolo di piazza del Duomo di Catania con la fontana dell'Elefante e via Etnea con il monte Etna sullo sfondo; dall'altro, le mura di Carlo V, il porto di Catania con gli archi della Marina fino al castello Ursino. La porta di Carlo V fa parte dell'unico tratto rimasto delle mura della città. Al centro della piazza si trova quello che è il simbolo di Catania, ovvero "u Liotru", una statua in pietra lavica raffigurante un elefante, sormontata da un obelisco, posta al centro di una fontana in marmo più volte rimaneggiata. Le terme Achilliane sono delle strutture termali sotterranee datate al IV-V secolo e situate circa 4/5 metri sotto piazza del Duomo. Si accede alle terme accedendo al Museo diocesano di Catania: un corridoio con volta a botte ricavato nell'intercapedine tra le strutture romane e le fondamenta della cattedrale (il cui accesso è costituito da una breve gradinata di epoche diverse posta a sinistra della facciata) consente di fare un viaggio nelle viscere della città, dove scorre il fiume Amenano le cui acque risalgono in superficie nella vicina fontana dell'Amenano nella piazza antistante. Il nome dell'impianto è dedotto da un'iscrizione su lastra di marmo lunense ridottasi in sei frammenti principali molto lacunosi, risalente probabilmente alla prima metà del V secolo, oggi esposta all'interno del Museo civico al Castello Ursino. L'epoca di fondazione dell'edificio è ancora discussa, ma si ritiene probabile che esistesse già nel IV secolo: l'esistenza dell'edificio in epoca costantiniana è ipotizzata in base al reimpiego all'interno della cattedrale di un gruppo di capitelli del periodo, che potrebbero provenire da questo edificio. Sepolti dai terremoti del 4 febbraio 1169 e dell'11 gennaio 1693, i resti - già noti in antico - furono dapprima liberati dal principe di Biscari. Nel 1856, durante la realizzazione della galleria che passa sotto al seminario dei chierici (oggi sede della pescheria) si trovarono dei ruderi che pure furono attribuiti allo stesso edificio, pertinenti forse ad un calidarium, in quanto vi erano presenti tracce di un pavimento ad ipocausto. La struttura doveva estendersi fino alla via Garibaldi, dove si trovarono altri avanzi. Secondo la ricostruzione planimetrica ottocentesca del complesso, la parte attualmente visitabile comprendeva probabilmente solo una parte del frigidarium. Dal 1974 al 1994 furono chiuse perché considerate insicure. Furono riaperte dopo un restauro del comune (1997) e nuovamente richiuse per problemi di allagamento. Dopo i lavori di pavimentazione della piazza del Duomo (2004-2006) - nel corso dei quali si è ritenuto doveroso coprire l'estradosso della copertura (che si trova alla stessa quota della piazza) con una poderosa piastra d'acciaio per rinforzare l'impiantito della piazza stessa - l'edificio termale è stato nuovamente riaperto al pubblico[1]. Il tempio è stato più volte distrutto e riedificato dopo i terremoti e le eruzioni vulcaniche che si sono susseguite nel tempo. La prima edificazione risale al periodo 1078-1093 e venne realizzata sulle rovine delle terme Achilliane risalenti ai Romani, su iniziativa del conte Ruggero, acquisendo tutte le caratteristiche di ecclesia munita (cioè fortificata). Già nel 1169, un terremoto catastrofico la demolì quasi completamente, lasciando intatta solo la parte absidale. Nel 1194 un incendio creò notevoli danni ed infine nel 1693 il terremoto che colpì il Val di Noto la distrusse quasi completamente. I resti normanni consistono nel corpo dell'alto transetto, due torrioni mozzi (forse coevi al primitivo impianto) e le tre absidi semicircolari, le quali, visitabili dal cortile dell'Arcivescovado, sono composte da grossi blocchi di pietra lavica, gran parte dei quali è stata recuperata da edifici romani di età imperiale. Porzioni di muro d'ambito e il muro di prospetto sono stati inglobati dalla ricostruzione settecentesca. Il monumento fu costruito nel II secolo, la data precisa è incerta, ma il tipo di architettura fa propendere per l'epoca tra gli imperatori Adriano e Antonino Pio. Fu raggiunto dalla lava del 252-253 ma non distrutto. Nel V secolo Teodorico, re degli Ostrogoti, lo utilizzò quale cava di materiale da costruzione per la edificazione di edifici in muratura e, successivamente nell'XI secolo, anche Ruggero II di Sicilia ne trasse ulteriori strutture e materiali per la costruzione della Cattedrale di Sant'Agata, sulle cui absidi si riconoscono ancora le sue pietre perfettamente tagliate usate, forse, anche nel Castello Ursino in età federiciana. Nel XIII secolo, secondo la tradizione, furono adoperati i suoi vomitoria (gli ingressi) da parte degli Angioini per accedere nella città durante la cosiddetta Guerra dei Vespri. Nel secolo successivo gli ingressi furono murati e il rudere venne inglobato nella rete di fortificazioni Aragonese (1302). Una messa in sicurezza del rudere si ebbe con il piano di costruzione delle mura di città nel 1550; venne abbattuto il primo e il secondo piano e con le sue stesse macerie avvenne il riempimento delle gallerie. Dopo il terremoto del 1693, fu definitivamente sepolto per poi essere trasformato in piazza d'armi. In seguito vennero costruite sopra la copertura nuove case e la Chiesa di San Biagio (detta 'A Carcaredda, cioè la fornace).
A pochi passi da Catania, proseguendo dal lungomare, s'incontra il meraviglioso paesino di Aci Castello, con un'incantevole castello a picco sul mare nella piazza principale. La sua storia: Si narra che Aci Castello e le altre Aci traggano la propria origine da Xiphonia, misteriosa città greca scomparsa, probabilmente oggi in comune di Aci Catena. I poeti Virgilio e Ovidio fecero nascere il mito della fondazione dalla storia d'amore tra una ninfa chiamata Galatea ed un pastorello chiamato Aci, ma anche dal ciclope Polifemo (a sua volta innamorato della bellissima Galatea). In epoca romana esisteva una città chiamata Akis, che partecipò alle guerre puniche.
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Aci Castello
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A pochi passi da Catania, proseguendo dal lungomare, s'incontra il meraviglioso paesino di Aci Castello, con un'incantevole castello a picco sul mare nella piazza principale. La sua storia: Si narra che Aci Castello e le altre Aci traggano la propria origine da Xiphonia, misteriosa città greca scomparsa, probabilmente oggi in comune di Aci Catena. I poeti Virgilio e Ovidio fecero nascere il mito della fondazione dalla storia d'amore tra una ninfa chiamata Galatea ed un pastorello chiamato Aci, ma anche dal ciclope Polifemo (a sua volta innamorato della bellissima Galatea). In epoca romana esisteva una città chiamata Akis, che partecipò alle guerre puniche.